Red, sad smile

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    Il guerriero delle Foche spirò, mettendo finalmente fine alle sue sofferenze.
    Non c’era stato nulla da fare per lui: un lanciere della tribù del Verro l’aveva trafitto da parte a parte, procurandogli una ferita mortale che, però – purtroppo – non l’aveva ucciso sul colpo.
    Gli disegnò velocemente i segni della morte, dando poi l’ordine a due apprendisti di portarlo fuori assieme agli altri guerrieri caduti per la sepoltura.
    I corpi sarebbero stati bruciati e le armi e i beni dei defunti riconsegnati alle famiglie, cosicché potessero celebrare un rito funebre più consono – non c’era tempo né luogo dove seppellire degnamente gli eroi.
    Le loro ceneri sarebbero state affidate al vento, cosicché i loro spiriti inquieti raggiungessero velocemente la Montagna dello Spirito del Mondo e la pace eterna nei Grandi Territori di caccia.
    I capitribù erano coscienti del fatto che l’attacco che avevano deciso per quel giorno era una battaglia già persa in partenza, eppure avevano preferito tentare il tutto per tutto, piuttosto che marcire sul quel confine invalicabile: favoriti dallo star giocando in casa, l’alleanza delle tribù nemiche era calata su di loro falciando l’avanguardia non appena era penetrata nella fitta vegetazione della Foresta Interna. Gli altri erano stati invece abbattuti dalle infallibili frecce di arcieri abilmente nascosti sulle cime degli alberi.
    Pochi quelli che erano riusciti a tornare indietro vivi, nessuno illeso.
    Molti quelli che le attribuivano la colpa per quella bruciante sconfitta: sotto le sembianze di lupo sarebbe facilmente riuscita a penetrare all’interno del territorio nemico, eliminando gli ostacoli più perigliosi.
    Tumno, capoclan dei Salmoni era stato particolarmente insistente durante la riunione avvenuta tre notti prima; sarebbe finita col sgozzarlo per isteria, se non fosse stato per il provvidenziale intervento di Maheegun che si era rifiutato più che categoricamente d’inviare la stregona della sua tribù a compiere una simile missione suicida.
    L’avrebbe abbracciato se non addirittura baciato, non fosse risultato del tutto inopportuno e fuori luogo.
    Doveva proteggere la sua tribù… ma accettare la proposta di Tumno avrebbe voluto dire tradire Sitka – chissà come stava, lui? Era ferito, aveva paura? Pensava mai a lei?
    Fin dall’inizio si era ripromessa che mai, per nessuno motivo avrebbe preso attivamente parte al conflitto; perciò restava al campo, aiutando gli altri stregoni e guaritori nel soccorso dei feriti: era un modo come un altro per non sentirsi inutile… o forse per mascherare il disgusto che provava per se stessa nell’aver scelto d’abbandonare la sua gente.
    Scosse la testa mentre un lungo, pesante sospiro stanco abbandonava le sue labbra.
    Il mondo in cui vivevano era cambiato in una notte: la guerra e il dolore gli erano piombati addosso come un falco sulla preda, senza dargli nemmeno il tempo di comprendere cosa fosse successo, portandogli via la gioia e gli affetti che avevano conquistato con fatica in quei due anni di pace relativa.
    C’era qualcosa d’immensamente crudele in tutto ciò. Era quasi come se lo Spirito del Mondo li avesse abbandonati, gli avesse voltato le spalle lasciandoli soli e disperati in mezzo all’orrore e alla distruzione.
    Quale empietà avevano mai commesso da meritarsi tale muto disprezzo?
    Aveva pregato con un’intensità ed una passione precedentemente a lei sconosciute, aveva offerto cibo, alcune frecce e persino i suoi capelli – si passò una mano tra la corta zazzera castana con nostalgia – ma nulla era servito a far ragionare il loro capriccioso creatore.
    Era rimasto sordo ed impassibile alle sue suppliche, come a quelle di tutti gli altri coinvolti nella guerra.
    Quando uscì dalla tenda la prima pira funebre era già stata accesa.
    Le fiamme s’innalzavano verso il cielo buio in roventi lingue rosse-arancio, rischiarando i cupi volti dei presenti.
    Alcuni di loro stavano piangendo, gli zigomi tagliati da copiose lacrime trasparenti, ma non un singulto, un gemito abbandonò le loro bocche. Accumulavano dolore e odio da riversare sui loro nemici.
    Lo stregone della Vipera si fece avanti, intonando un lamentoso canto funebre; alla sua ben presto s’unirono le voci degli altri, ma non quella di Aka.
    Aveva un groppo in gola, e le occhiate piene d’astio che le scoccavano alcuni bruciavano più del fuoco.
    Non s’accorse di Seia, finché questa non le parlò.
     
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    Nelle sue terre aveva sentito solo storie sulla guerra. Storie di un non precisato passato che però i saggi ricordavano. Suo padre le aveva a volte raccontato quelle storie come favole che suo padre aveva raccontato a lui e così via. Fin da piccola quelle storie erano state affascinanti, ma mai aveva desiderato di esserci proprio in messo. Sangue e sudore di cui il terreno si cibava diventando quasi malsano, tutto si colorava di scuro perdendo tonalità.
    Ora più che mai sentiva i bisbigli delle persone attorno a se, gli sguardi e i diti puntati più o meno in modo celato, il tutto alimentato da un grasso e grosso serpente che si accresceva di giorno in giorno: la paura e la disperazione.
    Dal canto suo Seia era divenuta più sensibile e più impassibile. Doveva tentare di mantenere il decoro e destreggiarsi tra accuse e chi cercava di farla combattere a sangue freddo in una guerra che - in un modo quasi contorto - lei riteneva fosse causa sua ma non affar suo.
    Doveva proteggere quelle persone e come stregona le aiutava dando supporto e curando i feriti, ma si rifiutava di uccidere se non necessario. Aveva anche lei paura, paura di fare una pazzia. Ah come se fosse una cosa mai successa vero? Ma ora era davvero pericoloso comportarsi normalmente e così aveva tirato fuori quella sua parte fredda e logica che la frenava dal suo "divertimento".
    Sentiva l'aria attorno a lei pesante, il male e la guerra vanno a braccietto. Sentiva spesso nella notte i bisbigli maligni dei demoni che sussurravano sfiducia - e probabilmente cose ben peggiori - ai guerrieri addormentati.
    Per la sua neutralità, data dalla tribù di cui faceva parte. aveva viaggiato in cerca di lui, ma niente. Era certa che lui, Egil, sapesse qualcosa, ma il suo viaggio era stata una distrazione. All'inizio credeva di poter aggiustare la cosa semplicemente, ma chi da retta a una pazza? Chi da retta a qualcuno che ha a che fare coi demoni?
    Lentamente l'ombra le camminava dietro e l'uomo la seguiva in silenzio, ma indubbiamente divertito. Per lui la vita o la morte di quegli uomini era insignificante, chi sa magari aveva già capito tutto. Lui però non avrebbe mai parlato, neanche fosse stato debole come un verme, perchè in fondo la cosa era così stupida per lui da essere divertente e per lui - divorato dalla noia - questo era oro colato.
    Le fiamme bruciavano i corpi e la puzza iniziava a darle la nausea, era peggio di dare da bere il sangue alla terra, imputridire l'aria, maledetta guerra!
    Aveva seguito la sua amico declinando il suo coinvolgimento nella battaglia. Credevano davvero che avrebbe lasciato un demone a giocare in mezzo a una battaglia? Erano pazzi o cosa? Ah giusto, la matta era lei. La additavano sempre così e c'era stato anche un caso in cui un capotribù ( ormai si era dimenticato pure chi) aveva detto che era il nemico perchè ormai non sapeva più distinguere tra bene e male.
    Sinceramente non voleva uccidere un uomo per qualcosa di così stupido che alla sua mente, fredda, lucida e concentrata non paresse una serie di coincidenze, mancava un tassello, ma sembrava che fosse l'unica a nutrire odio per i divoratori di anime e non per i propri fratelli. Oh forse stava esagerando...
    Si avvicinò alla sua amica e l'osservò per poi aprire bocca. << Dovresti riposare, prendo io il tuo turno durante la notte per la guardia.>> Disse cercando di farla distrarre. C'era qualcosa che la preoccupava d'altronde già si immaginava le proteste, probabilmente perchè aveva delle grosse occhiaie sotto gli occhi. Non dormiva molto, troppo rumore, troppa agitazione, incubi, era una rottura.
    <<da quando sono arrivata non ti ho chiesto come va col tuo ragazzo.>> Fece uno dei suoi sorrisi gentili,ma questo aveva un che di affilato e tirato. Stanchezza e frustrazione per la battaglia appena conclusa e per quelle passate e a venire la stavano facendo a pezzi, ma temeva che avrebbe continuato a comportarsi al solito modo (testarda) ancora per un po'. Doveva proprio piacerle essere autodistruttiva. O forse era troppo pazza per capirlo?
     
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    Dovresti riposare. la fece sussultare la voce di Seia. Prendo io il tuo turno durante la notte per la guardia.
    Aka sforzò un sorriso, ancora troppo sconvolta dagli eventi successi quel giorno. Potrei dire la stessa cosa di te. sotto gli occhi dell’altra ragazza risaltavano grosse occhiaie violacee.
    Poteva solo immaginare quali incubi, quali preoccupazioni, angosce occupassero la mente della sua amica.
    Non sarebbe dovuta essere lì: la tribù del Lupo Verde si era dichiarata neutrale nel conflitto, così come anche le Lontre; sarebbe dovuta essere oltre le Montagne Alte, a casa, lontana da tutto quell’orrore.
    Perché era lì? Molto probabilmente, quella testarda d’una ragazza era rimasta per dare la caccia ai Divoratori di Anime – Al Divoratore di Anime si corresse.
    Ma con l’avvento del conflitto si era poi ritrovata bloccata, impossibilitata sia d’andare avanti che tornare indietro.
    Da quando sono arrivata non ti ho chiesto come va con il tuo ragazzo. la sorprese Seia, abbozzando un sorriso.
    Aka si sentì morire dentro: non riuscì più a trattenere le lacrime, rivoli salati le rigarono il volto.
    Siamo nemici, ora… sospirò pesantemente. Molti della mia tribù pensano che farei meglio a cercarmi un compagno tra gli alleati. a dir la verità, la questione era diventata di dominio pubblico trasformandosi in una vera e propria scommessa a pagamento.
    Quando aveva provato a protestare e a smentire le malelingue alcune anziane le avevano detto di non farsi troppe illusioni, che molto probabilmente lui l’aveva già dimenticata sotto le amorevoli carezze di un’altra donna - sentiva la rabbia montarle dentro al sol ricordo di quelle parole velenose.
    Per il tuo bene, Aka. le aveva detto Maheegun con sguardo misto tra l’addolorato ed il colpevole.
    Lei comprendeva la preoccupazione della sua tribù ma… non l’avrebbe fatto. C’era stato troppo tra loro perché lei potesse dirsi in diritto di troncare in quel modo la loro relazione.
    Con la morte di Bale era sprofondata in un baratro senza fine, poi era arrivato lui, Sitka, il suo “piccolo Cervo” – quanto odiava essere chiamato in quel modo – incapace con le donne che, con pazienza e non poche imprecazioni sulla sua cocciutaggine, l’aveva salvata dall’oblio.
    No, lui non l’avrebbe ami e poi mai tradita; lo stesso lei.
    Si asciugò le lacrime con la manica del parka. Ma quando mai ho dato ascolto ai consigli altrui? sogghignò malandrina, cercando di tirarsi un po’ su di morale.
    E tu? Immagino che Balgri ti manchi da impazzire. sapeva della cotta dell’amica per lo stregone della tribù, però esisteva anche l’ossessione malsana per… Egil – quanto la ripugnava chiamarlo per nome, quel mostro.
    Chissà dov’era in quel momento, il maledetto? Nascosto, lontano miglia e miglia da lì… oppure le era accanto pochi passi, camuffato così bene da risultare irriconoscibile?
    Non le risultava difficile pensare che sotto l’improvviso scoppio della guerra ci fossero lui e la Divoratrice dei Salici.
    Non sarebbe stata la prima volta: già il Divoratore delle Quercia aveva cercato di sfruttare un conflitto per impadronirsi dell’intera Foresta; fortuna che lo Spirito Errante fosse riuscito a smascherarlo e sconfiggerlo.
    Decise però di tenere tali pensieri per sé: conoscendola, se mi avesse rivelato le sue preoccupazioni a Seia, questa avrebbe dato inizio ad una pazza caccia al Divoratore in mezzo al conflitto rischiando di finir uccisa.
    No, non le avrebbe fatto carico anche di questa cosa.
    Il fuoco delle pire crepitava alto, colorando il cielo d’arancione. Da quanto tempo la notte non era più blu scuro?
    Le risultava pensoso dover presenziare a quelle sepolture., ma non poteva tirarsi indietro: era la stregona dei Lupi, dopotutto.
    Avrebbe potuto chiedere a Sira, la sua apprendista, di prendere il suo posto… ma non sarebbe stata la stessa cosa; qualcuno avrebbe potuto interpretarlo come un comportamento irrispettoso, e loro avevano tutto tranne che bisogno di conflitti interni.
    Già le antipatie presenti tra alcuni dei capiclan erano un problema, non era certo buona cosa rincarare la dose per una stupidaggine.
    Si passò una mano tra i capelli corti – sarebbe mai riuscita ad abituarsi? –, scuotendo il capo con esasperazione: l’unica cosa che desiderava in quel momento era di potersene andare a dormire.
     
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    Guardò con espressione dura le lacrime dell'altra ragazza. Le posò una mano sulla schiena accarezzandola leggermente, ma poi si ritrasse e aspettò che Aka si tirasse su da sola. Forte e testarda stregona dei lupi, così la vedeva e probabilmente era per questo che era divenuta sua amica. Si assomigliavano in un certo senso ma sentiva che Aka era quasi un suo opposto, ma qualcuno che per uno strano scherzo del destino era diversa dagli altri e aveva passato esperienze simili alle sue per questo, era qualcuno che si avvicinava a capire la sua condizione.
    <<infatti non dovresti dar retta agli altri.>> Ribatté con un sorrisetto prima di bloccarsi alla domanda dell'amica. Si incupì e iniziò a torturarsi le mani.
    <<lo incontrato mentre ero via, era qui per conto della tribù, volevano chiarire la propria posizione.>> Iniziò lentamente. Madnes la osservò con la coda dell'occhio e poi tornò a fissare da vicino il fuoco, immerse una mano nel fumo e sorrise. Non riusciva a capire cosa volesse dire quel sorriso ma continuò a fissare il demone più tosto che girarsi verso l'amica.
    << Non voleva che rimanessi qui.>> Sospirò e scosse il capo. Lo capiva benissimo e voleva dargli ragione,ma non ci riusciva ed era rimasta. In mezzo a morte e tristezza che le facevano storcere il naso. <<da impazzire... direi che mi manca moltissimo ma devo restare qui. Ho ancora delle cose da fare... lo sai immagino.>> Ribatté amaramente. Voleva mettere la parola fine alla discussione il prima possibile e quella era stata la frase decisiva. Non perchè non si fidasse ma perchè avrebbe dovuto esporre i suoi dubbi. Come poteva Balgri volerla ancora al suo fianco? Come poteva anche solo pensare a lei come una semplice amica?
    Scosse la testa e si rivolse finalmente alla castana. I capelli erano ora corti ed era insolito osservarla così, non ci era affatto abituata. Un altro segno della guerra, il cambiamento.
    <<domani ci aspetta una lunga giornata,va a riposare, ci penso io ad avvisare.>> Le dette un altra carezza sulla schiena e si avvicinò al fuoco che osservò accanto al demone. Si era fatto più quieto, come lei d'altronde,ma era sicuramente più forte del solito. Odiava davvero tanto quella situazione.
    Lanciò un paio di occhiatacce a due cacciatori di cui sentiva gli sguardi a dosso e socchiuse gli occhi. Il fuoco bruciava e il fumo saliva verso il cielo blu. seguì quel tratto con lo sguardo e poi si voltò camminando lentamente. L'uomo al suo fianco. Avvisò del cambio di guardia con Aka e si diresse verso la postazione. Distaccata e al margine dell'accampamento.
    <<quanta quiete per essere in guerra.>> Il sarcasmo nella voce del demone le fece alzare un sopracciglio. Sapeva che la stava solo stuzzicando per una reazione, sapeva che alludeva alla quiete prima della tempesta e sospirò sorridendo. Fece solo con accenno d'assenso col capo e si mise a sedere.
    Era ormai abituata a questo comportamento e non ci faceva più caso. Anzi la divertivano in un clima tanto teso. Non proferì, tuttavia, più parola. Il demone si limitava a stare con la schiena appoggiata alla sua e fissare, ancora, il fuoco in lontananza. Si chiese se c'era qualcosa di importante in quel comportamento. Il pensiero scomparve quando l'uomo si alzò, la salutò e scomparve dalla sua vista.
    Era sola nel buio che sussurrava. Non capiva cosa ed evitava di incuriosirsi, sarebbe solo stato un male.
    Rimase a lungo lì, non faceva assolutamente niente se non restare con gli occhi aperti e comunque non riusciva a chiuderli. Per un po' pensò che si erano dimenticati di lei finchè qualcuno non la chiamò. Più volte e allora si rese conto di essere rimasta immobile a lungo.
    Dette il cambio all'uomo che la guardava come fosse un mostro e se ne andò nella sua tenda.
    Cercava di ricordare cosa aveva visto mentre se ne stava seduta ma riaffiorava solo l'oscurità della notte, ebbe paura di aver visto qualcosa e di non averlo detto, ma si rese conto che non era possibile. Era comunque reattiva, ma la sua mente si era svuotata e non era riuscita a trovate il silenzio neanche così.
    Riuscì a prendere sonno solo molto tardi, da sola con un fruscio come sottofondo. Poche ore dopo fu l'alba, un nuovo giorno senza aver dormito. Per cambiare.
     
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    La cerimonia funebre non durò a lungo.
    Nonostante i fuochi continuassero a crepitare nella notte, molti dei presenti ben presto si ritirarono nelle rispettive tende per riposare: l’indomani sarebbero ripresi i combattimenti… o forse, chissà, ancor prima del sorgere del sole.
    La Gente avrebbe anche potuto attaccarli nel pieno della notte, nascosti dal buio.
    Seia aveva insistito per prendere il suo posto di sentinella, e alla fine l’aveva avuta vinta.
    Sospirò: non andava bene per niente; anche lei necessitava di riposo.
    Avrebbe dovuto insistere… ma non ne aveva la forza.
    Entrata nella tenda che divideva con la sua apprendista, si tolse frettolosamente gli stivali per poi rapidamente infilarsi dentro al sacco per dormire: era distrutta, nel corpo e nello spirito.

    Si tirò a sedere di scatto, allarmata dalle grida di guerrieri.
    Quando si era addormentata?
    Che succede? mugugnò Sira, stropicciandosi gli occhi impastati dal sonno.
    Aka scalciò via le pelli che la coprivano, ignorando completamente da domanda dell’apprendista; corse fuori dalla tenda, dimenticando d’infilarsi gli stivali: era ancora buio, ma c’era già un gran trambusto.
    In mezzo a quel grande viavai scorse Maheegun. Che è successo? l’interrogò, raggiungendolo di corsa.
    Hanno catturato uno spione. le rispose con fare sbrigativo il capoclan.
    La ragazza affrettò il passo, per stargli dietro.
    Il centro dell’accampamento era già pieno di persone, quando lo raggiunsero. Dovettero farsi largo a suon di spallate per riuscire a passare.
    Il brusio dei presenti era assordante. Ad Aka ricordò il ronzio d’un vespaio.
    Il prigioniero era inginocchiato, con le mani legate dietro la schiena e la testa reclinata sul petto.
    Tre guerrieri dei Cormorani gli facevano la guardia, pungolandolo con le armi come avvertimento.
    Arrivarono gli altri capitribù con gli stregoni.
    Tutti quanti scoccarono occhiate diffidenti al prigioniero; qualcuno sputò a terra con disprezzo.
    Bastò un gesto della mano di Maheegun per imporre il silenzio tra le tribù.
    Uno dei tre guerrieri strattonò il prigioniero per i capelli sulla nuca, costringendolo ad alzare il capo: il piccolo zoccolo nero diviso della tribù del Cervo Rosso spiccava sulla sua fronte.
    Aka si sentì morire e rinascere allo stesso tempo: era un Cervo, sì, ma non Sitka.

    Edited by Tokorottina;3 - 3/7/2015, 22:19
     
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    Odiava quella luce, l'oscurità chiara prima dell'alba, ma il rumore che le persone faceva era assordante quasi, sopratutto per chi non aveva dormito.
    Si alzò con uno scatto scaraventando alcune pelli per la tenda.
    Il demone sogghignava sull'entrata poco prima di uscire invitandola a fare lo stesso. Seguì i suoi movimenti per poi ubbidire mugugnando quanto era ingiusta la vita e che non si potesse dormire in pace.
    Si mise ai margini della folla che si era riunita attorno ad un singolo uomo. Le fecero spazio giusto per vedere. Il brusio di voci aumentò poco prima che arrivassero gli stregoni e i capotribù.
    Gli osservò quasi con disappunto perché semplicemente non dicevano una parola o almeno finché Maheegun non zittì e fermò tutti con un solo gesto.
    Il silenziò continuò a lungo, forse il tempo le parve infinito solo a lei, ma sta di fatto che nessuno fece niente per un lasso di tempo non indifferente. Stavano forse decidendo cosa fare? Non le pareva ci fosse da esitare.
    Il giovane era dei cervi, si assicurò che fosse il ragazzo della sua amica che nel tentativo, magari di vederlo, era stato colto in flagrante, ma a quanto pare non era questo il caso. Fu quasi un sollievo.
    Con lo sguardo quindi cercò Aka e la vide poco distante da lei. Stava quasi per avvicinarsi, ma si bloccò. Prima osservò attorno a se. Sperava davvero che non tutti si fossero riuniti lì. Si avvicinò quindi ad Aka.
    Sospirò così rumorosamente che molti occhi le si posarono a dosso. <<parla.>> Grugnì di disappunto e parlò nel silenzio. <<gli uomini che erano di guardia dovrebbero tornare ai propri posti, potrebbero esserci altre spie o degli uomini pronti ad attaccarci.>> Tutti la guardarono con sospetto e nervosismo. Un lampo viola le passò negli occhi mentre Madnes sopprimeva una risata. Cosa lo divertiva così tanto nel fatto che non l'ascoltassero? Forse era il fatto che la voce della ragione venisse dal matto del villaggio?
    -Ritornate ai vostri posti, potrebbero essercene altri- Ringraziò il capo tribù dei cormorani, ma questo semplicemente evitò il suo sguardo di ringraziamento e si volto verso Maheegun che fissava il giovane uomo. Si avviciò prima di fare le sue domande.
    -Sei da solo?- Il tono di voce era assai calmo, molto più di quanto Seia si aspettasse, ammirava questa cosa. -Cosa sei venuto a fare precisamente? Ci spiavi per avere informazioni o stavate progettando un assalto? Che tipo di informazioni cercavi?- L'uomo osservò il prigioniero, lo guardava dritto negli occhi. Stava cercando sicuramente di intimidirlo per farlo parlare.
    Seia credeva, però, che anche avesse funzionato la veridicità delle parole del prigioniero non era sicura e non era neanche sicuro che lei parlasse. In fondo chi poteva dire quanto il prigioniero tenesse alla causa, quanto il suo onore e la sua lealtà fossero alte. Aveva paura che avrebbero usato mezzi poco ortodossi.
    Si avvicinò instintivamente di più alla figura femminile accanto a lei. Era stanca, distrutta e non voleva assolutamente vedere certe scene, assurde ai suoi occhi. La guerra era una delle cose che più la disgustava, non odio disgusto.
    Guardò la sua amica, se sarebbe stato necessario Seia sarebbe intervenuta e cercava supporto nell'unica persona fisica che davvero lì poteva chiamare amica.
     
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    Sei da solo? l’interrogò Maheegun, guardandolo dritto negli occhi.
    Cosa era venuto a fare lì, la Gente stava preparando un assalto, che informazioni stava cercando… queste ed altre domande gli vennero poste dai capoclan, ma non ottennero risposta.
    Il ragazzo si era chiuso in un ostinato silenzio, limitandosi a scoccare occhiate di fuoco a tutti.
    Parla, lurido verme che non sei altro! gli ordinò ad un certo punto il capo dei Salmoni, mollandogli un pugno dritto in faccia.
    Aka si portò le mai alla bocca, inorridita, lasciandosi però scappare un gemito.
    Scoccò una fugace occhiata a Seia, leggendole in volto la sua stessa espressione sgomenta.
    Il ragazzo voltò nuovamente la testa, sputando un grumo di sangue sullo stivale di Tumno.
    Quando il capotribù tentò di colpire nuovamente il ragazzo dei Cervi, Maheegun si frappose tra loro cercando di fare da paciere.
    Levati di mezzo, Lupo! Se questo spione non ha intenzione di parlare, vorrà dire che lo faremo urlare. disse aspramente Tumno.
    Dalla folla s’alzarono delle grida di giubilo.
    Non servirà a nulla torturarlo. intervenne a quel punto Aka, facendo un passo avanti.
    Gli occhi di tutti si posarono su di lei, mettendola a disagio.
    Non parlerà. Glielo si legge in faccia che preferirebbe morire, piuttosto che tradire la sua gente!
    Lo accontenterò con piacere, allora. Le sue urla saranno un monito per quella feccia, dal mandarci altri uccelletti di bosco ad origliare! replicò il capotribù, guadagnandosi altre grida d’assenso tra le tribù.
    No, non potete farlo! urlò la ragazza, ma nessuno l’udì a causa dagli schiamazzi della gente.
    Aka si rivolse a Maheegun in un disperato ultimo appello, ma questo scosse la testa: non c’era più nulla da fare. Quello era il volere delle tribù.
    Due guerrieri sollevarono il giovane Cervo da sotto le ascelle, trascinandolo di peso fino alla grossa quercia che s’ergeva nel centro dell’accampamento.
    Nemmeno quando lo legarono stretto al tronco dell’albero, dopo averlo denudato di parka, gambali e mocassini, il giovane si scompose. Mantenne sempre e comunque quella maschera di puro odio, sfidando con lo sguardo i suoi aguzzini, senza paura – o se anche ne aveva, era abbastanza coraggioso o folle da non farla trasparire.
    Il primo a farsi avanti fu ovviamente Tumno.
    Hai qualcosa da dire, pidocchio? chiese con un tono di voce che era puro veleno.
    Il ragazzo gli sputò addosso un colorito insulto, che servì solo a far imbestialire ancor più l’uomo che iniziò ad incidergli il petto con una lentezza ed una crudeltà a dir poco disarmanti.
    Aka sentì lo stomaco rivoltarsi per l’orrore.
    L’intero accampamento rimbombò delle imprecazioni, degli insulti e degli incitamenti dei guerrieri.
    Il Cervo si morse le labbra a sangue, ma non un solo gemito abbandonò la sua bocca.
    Un guerriero delle Foche gli mozzò di netto l’orecchio sinistro.
    Lacrime copiose rigarono il volto del ragazzo, ma anche questa volta non gridò.
    Si fece avanti un terzo uomo con un tizzone di legna ardente in mano.
    Non guardare. le impose Maheegun, stringendola a sé.
    Questa volta il ragazzo urlò, e fu il grido più agghiacciante che Aka avesse mai sentito in vita sua.
    Vi fu un boato di voci: la folla era in delirio per l’eccitazione.
    Dopodiché, il giovane urlò ancora e ancora, forte, man mano che si andava avanti con le torture.
    Era insopportabile. Starlo a sentire la stava facendo impazzire.
    Non guardare… le sussurrava sgomento il capo dei Lupi, carezzandole la schiena in un impacciato tentativo di farle coraggio.
    Sentiva il battito del cuore pulsarle nella gola e nella testa; tutte quelle urla la stordivano. Stava male… era come se stessero torturando anche lei.
    Cosa erano diventati gli uomini?
    Per un attimo, quando osò sbirciare l’orrida scena, al volto del giovane si sovrappose quello di Sitka.
    Aka urlò, dimenandosi tra le braccia di Maheegun.
    Non è lui, non è lui. continuava a ripetersi, una penosa litania nella sua testa.
    Esasperata, con uno spintone si liberò della stretta del suo capotribù e corse via.
    Via da tutto quel vociare, via da tutto quel dolore, da quell’orrore.
    Corse finché i polmoni non le bruciarono, finendo con l’accasciarsi contro il tronco di un faggio sul confine dell’accampamento. Il suo stomaco si contrasse e lei vomitò saliva mista a bile.
    Il ragazzo continuava ad urlare, ed ogni volta le sue grida le sembravano ancora più forti ed agonizzanti delle precedenti.
    Aka si rannicchiò contro l’albero, premendosi le mani sulle orecchie e dondolandosi avanti e indietro.
    Voleva che smettesse. <i>Basta, basta! Smettila di urlare! era il grido silenzioso dentro la sua testa.
    Da bambina, durante i temporali, era solita correre da suo zio nascondendosi nei suoi abbracci per far passare lo spavento.
    Ora era spaventata a morte, ma nessun abbraccio l’avrebbe accolta per confortarla.
    Era sola nel suo terrore, come il ragazzo dei Cervi nel dolore.
    Quel povero ragazzo… non si meritava tutto ciò, no che non se lo meritava.
    Pianse.
    Era un guerriero giovane ma coraggioso, glielo aveva letto negli occhi. Si sarebbe meritato una morte onorevole non… non… che lo Spirito del Mondo li perdonasse per ciò che stavano facendo.
    Improvvisamente le grida cessarono.
    Qualcuno esclamò un’imprecazione, altri gemettero sgomenti.
    Non seppe nemmeno lei dove trovò la forza ed il coraggio di farlo ma, alzatasi in piedi, sbirciò oltre il tronco del faggio: una freccia attraversava la gola del ragazzo dei Cervi da parte a parte.
    Qualcuno aveva avuto pietà di lui, e l’aveva liberato da quella sofferenza.
    Tutti si guardavano in giro alla ricerca del responsabile, borbottando di disappunto.
    La capotribù delle Vipere chiamò a raccolta i suoi guerrieri, correndo a setacciare il confine.
    Anche Tumno ed i suoi fecero lo stesso. L’uomo aveva il viso mostruosamente contratto dalla rabbia.
    La furia che gli lesse negli occhi la terrorizzò.
    Aka adocchiò Seia, in mezzo al trambusto e la raggiunse di corsa.
    L’abbracciò di slancio, piangendo di sollievo.
    Era finita, per il momento.
    Quando alzò la testa da sopra la spalla dell’amica, notò una figura scomparire tra le fronde dell’albero sotto il quale si era rannicchiata.
    I primi, timidi raggi del sole fecero capolino tra i rami degli alberi.


    Me è una bela persona sadica, sì :3
    Chiedo scusa per la crudezza della scena, ma non ho saputo resistere ù.ù
    Per descriverla ho preso spunto dai riti tipici delle Civiltà precolombiane e dei Nativi Americani.
     
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    Si ritirò appena, sapeva. Non era qualcosa che poteva spiegare semplicemente sapeva.
    La sensazione era partita dallo stomaco e dalla testa per bloccarsi in gola. Si era morsa la lingua e aveva ascoltato quegli stupidi discorsi, ma lei già sapeva. Era nell'aria, nella postura degli uomini accanto a lei, nel movimento dei loro occhi, sulle loro labbra che lasciavano sfuggire parole futili che si trasformavano in un brusio.
    Lupi affamati. Ecco cosa le pareva di vedere.
    La guerra aveva lasciato che gli uomini degenerassero in animali, animali affamati di un briciolo di vendetta, soddisfazione, una vittoria illusoria sarebbe andata bene. Qualunque cosa avrebbe alleviato il loro dolore e la loro disperazione, il sangue era ciò che aveva a portata di mano e quello usavano per alleviare per poco tempo il dolore.
    Aveva sperato che non usassero la violenza ma il ragazzo non parlava. Che stupivo avrebbe potuto mentire, ma era troppo nobile per fare ciò. Non aveva parlato e allora l'avevano punito.
    Lo strascinarono verso la quercia al centro del campo e lì lo legarono. Poi iniziò lo strazio.
    Il branco ululava e il cervo rilasciava grida strazianti di dolore.
    All'iniziò riuscì a guardare, ma ben presto cercò qualcosa che la distraesse da un simile spettacolo.
    Aka da prima rifugiata contro Maheegun scappò via disgustata. Si volse per seguirla, ma il demone al suo fianco glielo impedì. Stava per dirgli protestare, voleva aiutare la ragazza che probabilmente non sopportava le grida e il dolore, ma lui le volse con forza lo sguardo al giovane cervo. Tracciò col dito una linea che partiva da dietro la testa della ragazza, alla sua destra, e finiva verso il ragazzo.
    La freccia si conficcò nella carne e poi nel legno dell'albero.
    Spalancò gli occhi sorpresa. Qualcuno aveva fatto finire con una semplice freccia le sofferenze del giovane. Ed era qualcuno dietro di lei. Chi sa perchè aveva la netta sensazione che fosse qualcuno estraneo al loro gruppo, nascosto tra la boscaglia.
    Prima di poter fare qualcosa si sentì afferrare da qualcuno. La cosa la riportò alla realtà. Aka. Aveva pianto e, anche se era brutto da dire, si rendeva conto che aveva vomitato. Come non capirla? Era orribile ciò a cui avevano appena assistito. Le passò una mano sulla schiena come per consolarla. -Stai tranquilla. - Stava per dirle che tutto era finito, che adesso poteva riposarsi e calmarsi, ma era una bugia. Nulla era finito, anzi era appena incominciato. Non poteva riposarsi, col sole appena sorto, probabilmente avrebbe dormito poco o nulla e poi tutto sarebbe ricominciato.
    Strinse le labbra e poi sorrise appena. - è finita, non preoccuparti.- Le accarezzò la testa quando osservò oltre la sua spalla. Assottigliò lo sguardo per cercare di capire se aveva visto qualcosa, ma lasciò perdere.
    La folla si era dissipata e il ragazzo era ancora appeso alla quercia. Non voleva che la giovane lo vedesse.
    Poteva solo far paura. Il sangue colava dalle ferite macchiando la pelle. Alcune gocce toccavano il terreno. La freccia era macchiata di rosso così come il collo da cui il sangue stava smettendo di uscire e di formare una pozza ai piedi del giovane. Gli occhi erano ormai velati e mancavano di vita, la bocca rotta e contorta era semi aperta, l'orecchio pareva sbranato da un cane. Alcuni pezzi di pelle pendevano dalle ferite mal fatte dai coltelli e la pelle in alcuni punti era violacea per i lividi.
    Non era una bella vista.
    -Ma non girarti.- la voce era fredda. Rimase immobile alcuni secondi, poi quando si rese conti di quante poche persone stavano guardando lanciò un occhiata all'uomo al suo fianco. Sorrideva tuttavia ubbidì silenziosamente.
    Lentamente sciolse il cadavere e lo depose a terra, la testa rivolta dall'altra parte così che nessuno potesse vederlo in faccia, era ironicamente meno spaventoso in una pozza di sangue. Così non poteva incolpare nessuno con quei suoi occhi vuoti e tristi e rabbiosi e...
    Si portò una mano alla testa e poi sugli occhi in un moto tra il rabbioso e il triste. Che cosa orribile, disgustosa, PAZZA! Quell'aria era quasi pezzo dell'eccitazione del branco perchè adesso nessuno guardava.
    Il demone aveva deposto a terra il corpo, nessuno l'aveva notato. Tutti si era voltati, erano andati a caccia di un altra preda, avevano finito l'adrenalina, la loro distrazione. Era ritornati alla realtà della guerra, con dolore e tristezza che subiva sulla propria pelle. Certo anche il nemico aveva subito, ma non abbastanza. Questo era il pensiero macabro.
    -Adesso puoi girarti.- Si rilassò e voltò lo sguardo.
    Maheegun si stava avvicinando a loro lentamente. Seia l'osservò e poi sospirò rumorosamente. -Dobbiamo farli i segni della morte e bruciarlo.- senza rendersene conto stava sussurrando. Aveva... paura di essere sentita? Si morse la lingua, sarebbe passato in fretta.
    Poi si volse a entrambi. -Deve essere stato qualcuno nascosto nel bosco.- Adesso la voce bassa era giustificata e il tono era più sicuro. Si voltò e seguì la direzione che Madnes le aveva indicato con lo sguardo per poi indicarla col dito. -Ma non dobbiamo cercarlo, sarà già lontano e non sarebbe così strano se ci fosse un accampamento nemico qui attorno. Non è il momento di scatenare una battaglia improvvisata.- Spiegò a braccia conserte. I due la osservavano, ma lei si volto sorpresa. Il sorriso del demone era più ... largo? -Forse una conoscenza ci ha fatto una veloce visita non credi?- Spalancò gli occhi e li puntò su Aka.
    La prima intuizione era quella giusta probabilmente. Non sapeva se prendere la cosa bene o male. Aprì bocca e la richiuse. Si passò un mano sul volto col sorriso tirato. Già probabilmente era già in salvo. -Credo che potrebbe essere molto brutto se conoscessimo quella persona nascosta nella foresta, no?- Rimarcò con la voce le parole sperando nella comprensione di Aka e che questa non si agitasse. Il suo ragazzo non sarebbe stato ammazzato ma era comprensibile che si preoccupasse.
    Madnes rise e si passò una mano sul volto. Le coincidenze erano divertenti. Sempre che quella lo fosse.
    No problem lolhai scritto tanto o.o ora mi sento inferioreXD
     
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    Aka sussultò: che fosse realmente Sitka il misterioso arciere?
    Forse il ragazzo che avevano ucciso era stato mandato avanti per portarle un messaggio...
    Si sentì improvvisamente, mortalmente in colpa per ciò che era successo.
    Pregò lo Spirito che non fosse così, altrimenti non sarebbe più riuscita a vivere con un tale peso sul cuore.
    E se fossero riusciti a catturare anche Sitka?
    Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri.
    State tutti quanti all’erta! Potrebbero attaccarci da un momento all’altro, quei bastardi! tuonò furente Tumno, dirigendosi velocemente verso la quercia sacrificale.
    Nessuno ebbe il tempo d’emettere un fiato: afferrata l’ascia, l’uomo tranciò di netto la testa del giovane Cervo morto.
    Che diamine stai facendo? l’apostrofò Maheegun esterrefatto.
    Per tutta risposta, il capotribù dei Salmoni afferrò una lancia e ne infilzò il macabro trofeo sulla punta.
    Valla a esporre sul confine e che sia ben visibile. ordinò ad uno dei suoi guerrieri, lanciandogli la picca. Che questo sia da monito per tutti quelli che osano mettersi contro di noi. sibilò, volgendosi poi verso Maheegun e squadrandolo dritto egli occhi con superbia.
    Aka sentì la pelle accapponarsi, ed ebbe una gran brutta sensazione.
    In quello stesso istante, dalla boscaglia spuntò un uomo.
    Il guerriero li raggiunse di corsa, trafelato, chiedendo di poter parlare con un capotribù.
    Aka notò che si trattava di un cacciatore della tribù dell’Alga Marina.
    Parla. Che è successo? l’incitò Tumno, facendosi avanti.
    Molti curiosi accorsero per sentire.
    A due giorni di cammino da qui… un gruppo di guerrieri… Corvi e Verri… ansimò il cacciatore, piagandosi in due senza fiato.
    Aki… si ritrovò inconsciamente a pensare la ragazza.
    Vide i volti dei capi indurirsi, mentre la folla esplodeva in esclamazioni di sconcerto.
    Quei maledetti bastardi vogliono accerchiarci! sputò feroce Tumno, digrignando i denti.
    Se ci tagliano la strada ad ovest è la fine. disse la capoclan delle Vipere con la fronte crucciata.
    Fermiamoli, allora! esordì il capotribù dei Cormorani.
    Il vociare si fece improvvisamente più intenso, e ben presto non si riuscì a capire più nulla di quel che stavano dicendo.
    Maheegun e Laphe, andrete voi. L’Alga vi mostrerà la strada. esclamò all’improvviso Tumno.
    E perché proprio noi? sbottò la capotribù della tribù della Vipera, incrociando le braccia al petto. Perché non tu e i tuoi Salmoni. Quello è il vostro territorio.
    Vipere e Lupi sono famosi per il sapersi muovere in fretta e con discrezione, nella foresta. Quegli imbecilli saranno morti prima ancora d’aver il tempo di dire mah. spiegò velocemente Tumno, esibendo uno strano sorriso, quasi malevolo.
    Sarà. acconsentì infine Laphe facendo spallucce.
    Anche Maheegun annuì. Nei suoi occhi, Aka vi lesse sollievo.
    Verrai con noi? domandò, avvicinandosi a Seia.
    Allontanarsi da quel posto non avrebbe potuto fargli che bene… anche se le doleva doversi allontanare da Sitka.
    E se fosse tornato per cercarla? E se l’avessero catturato?
    Ma lascerete qui i vostri stregoni e i loro apprendisti. aggiunse il capotribù dei Salmoni, proprio quando tutti stavano per andarsene, spezzando i ragionamenti della giovane.
    Molti dei presenti si scambiarono occhiate di stupore e sconcerto, a tale affermazione.
    Ci sono troppi feriti per i nostri soli guaritori. giustificò con un alzata di spalle Tumno.
    Aka avrebbe potuto giurare d’aver visto una scintilla di pura cattiveria illuminargli gli occhi.
    Vide Maheegun e la capoclan delle Vipere irrigidirsi, e capì: i feriti erano solo una scusa, Tumno li voleva lì come ostaggi.
    Non temete. Saranno al sicuro, qui. li rassicurò il capo dei Salmoni, sorridendo mellifluo.
    La ragazza avvertì un brivido attraversarle l’intera colonna vertebrale, quando il suo sguardo venne intercettato da quello di Tumno.
    Desiderò non trovarsi lì.
     
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    Sorrise appena quando l'altra capì ciò che stava cercando di dirle, ma ben presto la sua espressione mutò.
    Gli veniva da gridare nel vedere come il corpo del giovane veniva trattato. Strinse i denti e la mano attorno all'impugnatura del suo coltello. Come poteva fare una cosa simile? Come poteva mancare di rispetto a qualcuno in questa maniera? Non aveva neanche fatto i segni della morte a quel povero guerriero. Non le importava se era una spia o meno, ciò era inaccettabile!
    Perchè quell'uomo era così stupido, ottuso e fastidioso? Che stupido capotribù. Si aspettava che presto o tardi qualcuno avrebbe chiesto la sua testa, forse era più probabile che il suo peggior nemico fosse un alleato e lui neanche se ne fosse reso conto. Qualcuno che voleva prendere il suo posto, qualcuno dei nemici alleato con la tribù o chissà semplicemente qualcuno il cui figlio era morto per una sua stupida azione.
    Maheegun nel contesto rappresentava la voce della ragione. Sfortunatamente, come spesso accade, non venne ascoltato, neanche dopo che, supportato dalla capoclan della Vipera, si oppose ad un azione sconsiderata come quella proposta dal cormorano e da Tumno.
    Aveva immaginato che ci fosse un accampamento ma non si immaginava dei Verri e dei corvi. Si morse il labbro furiosamente. Sperava che fossero più lontani, sani e salvi da questa pazzia. Purtroppo non era stato così.
    Conosceva delle persone in quelle tribù, amici, e adesso erano suoi nemici? Non accettava ciò che la guerra le voleva imporre, ma iniziava ad avere dei dubbi, come agire?
    Se avesse rifiutato di unirsi alla battaglia l'avrebbero appesa come il traditore oppure avrebbe dovuto difendersi il che sarebbe stato peggio.
    Avrebbe potuto schierarsi con le altre tribù, ma questo avrebbe voluto dire andare contro altre persone che conosceva, il risultato sarebbe stato lo stesso.
    Voleva assolutamente evitare che il sangue di guerrieri innocenti venisse versato quella mattina per qualcosa di tanto stupido come un attacco con uomini esausti che fino a pochi secondi fa speravano nel sonno per dimenticare l'orribile periodo. Poteva avvertire l'altro accampamento, ma era rischioso, sarebbe arrivata in tempo? Qualcuno l'avrebbe vista?
    Si mordeva il pollice nervosamente, indecisa su come agire. Quando le parole di Aka la risvegliarono. Alzò spaesata lo sguardo e aprì la bocca.
    Giusto. Non poteva lasciarla andare da sola. L'avrebbe accompagnata e protetta, forse poteva riuscire a fare qualcosa sul campo di battaglia, evitare troppo sangue.
    Odiò il capo tribù dei Salmoni. Prima che potesse accettare aveva detto, chiaro come il sole, che gli stregoni sarebbero rimasti li... come ostaggi. Perchè non si fidava, perchè in fondo sapeva che Maheegun aveva ragione, aveva un forte ascendente sulle persone, era saggio e ascoltato dalle persone, troppo fin ad essere pericoloso. Ma non avrebbe mai messo in pericolo la sua gente ne avrebbe potuto rifiutare, era troppo pericoloso.
    Seia stava davvero per crollare. Rise sottovoce e si rivolse a Tumno. - Inoltre ti consiglio di stare in allerta. Hai maltrattato il corpo di quel guerriero, pensi che ciò non avrà delle conseguenze?- L'accordo era stato tacitamente accettato e le parve giusto di parlare come se la cosse fosse ovvia. Sorrise appena, un sorriso placido quasi dispiaciuto, ma avrebbe voluto ridergli in faccia. Stupido uomo. Probabilmente era l'unica che si azzardava a parlare, forse l'unica a poterlo fare.
    -Andiamo...- disse Maheegun come se la cosa non fosse affatto finita, anzi pareva non approvare, pareva che avesse già qualcosa in mente, qualcosa di diverso rispetto un attacco. Sperò davvero che la sua intuizione fosse giusta.
    Si avvicinò ad Aka e la prese per un polso attirando la sua attenzione.-Forse possiamo fare qualcosa... se avvisiamo i corvi e i verri in tempo.- La guardò negli occhi, voleva farle capire che non scherzava, anzi, era seria. Anche se non sapeva se era una cosa fattibile. Lasciò la presa portandosi il pollici alla bocca, era talmente nervosa che aveva finito col far uscire il sangue. Per un attimo un lampo viola le passò negli occhi e anche un orribile e semplice soluzione alternativa a tutto ciò. Lo sguardo si posò su Tumno un istante. I nemici peggiori sono gli alleati in fondo...
    stavo pensando dovremmo mettere i nomi dei capo tribù così che tutti usino lo stesso nell'elenco delle fazioni?
     
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    Forse possiamo fare qualcosa… se avvisiamo i Corvi e i Verri in tempo.
    Scosse la testa. Per far cosa? Permettergli così di trucidare la mia tribù e le Vipere? No, ci dev’essere un’altra soluzione… disse con veemenza.
    Sei lasciò la presa sul suo braccio, portandosi il pollice alla bocca e mordicchiandolo nervosamente fino a farlo sanguinare.
    La vide sgranare gli occhi, improvvisamente, spostando lo sguardo su Tumno: una luce cattiva le attraversò le iridi verdi, e ad Aka bastarono pochi istanti per intuire ciò che l’amica le stava per proporre.
    Seia è una follia. Finiremmo con l’essere maledette per sempre. le disse.
    Grande sventura toccava a chi assassinava un amico… Tumno non era certo questo, per loro, ma era un alleato e il crimine di cui si sarebbero macchiate uccidendolo sarebbe risultato altrettanto grave agli occhi degli spiriti.
    Doveva per forza esserci un altro modo!
    Un’illuminazione. Un lampo improvviso.
    Come aveva potuto non pensarci prima? Era una così semplice ed ovvia.
    Afferrò Seia per un braccio, conducendola con sé verso il confine dell’accampamento.
    Si guardò attorno, facendo attenzione ad ogni singolo suono e solamente quando fu del tutto certa che non vi fossero altre orecchie in ascolto parlò. Ci penserà Sitka ad avvertirli. mormorò, abbozzando un sorriso. Andrò da lui, stanotte. Sotto forma di lupo e con il favore delle tenebre nessuno riuscirà a vedermi e se anche fosse, nessuno baderà ad un lupo solitario. Gli dirò d’avvertire gli alleati e di convincerli a ripiegare verso i loro territori a nord. So che lui mi ascolterà. era un piano così semplice e perfetto… avrebbe voluto strillare dalla gioia.
    Avrò bisogno che tu mi copra, però. aggiunse, abbassando ancor più il tono della voce. Tumno teme che gli altri possano tradire, perciò farà una guardia serrata ai suoi preziosi ostaggi. Sicuramente manderà qualcuno a controllarci anche dentro la tenda. Ho bisogno che tu faccia uscire la guardia, e che la tenga impegnata per il maggior tempo possibile. Io cercherò di sbrigarmi… ma non posso prometterti nulla. sospirò, non sarebbe stato facile.
    Sarebbe riuscita a scovare una traccia e poi a seguirla?
    E se la Gente l’avesse attaccata, catturata? Uccisa? No, la legge gli vieta d’uccidere un cacciatore.
    Non c’era alcun bisogno di raccomandare a Seia di non rivelare quel loro piano a nessuno.
    Voi due che state combinando lì? le apostrofò una voce alle loro spalle: un guerriero delle Foche.
    Stavamo pregando lo Spirito affinché custodisse i guerrieri nella loro missione contro i nemici. gli rispose, abbozzando un sorriso innocente.
    L’uomo si grattò una guancia, sovrappensiero. D’accordo, ora però tornate dagli altri. disse, indicando la tenda dove tenevano i feriti con un cenno del capo.
    Aka s’affrettò a fare come le era stato detto: essere scoperta era giusto l’ultima cosa che voleva.
    Adocchiò Maheegun, proprio mentre usciva da una tenda e corse ad abbracciarlo.
    Ci mancò poco che non cadessero a terra tutti e due per l’impeto che ci aveva messo nel saltargli addosso.
    Fate attenzione. disse.
    Voleva bene a quell’uomo come ad un padre, sarebbe morta sapendo che gli era successo qualcosa.
    Aveva già perso sua madre e suo zio… non avrebbe tollerato che qualcun altro le venisse portato via.
    Anche tu. le rispose il capo, dandole alcune affettuose pacche sulla schiena.
    L’osservò alzare lo sguardo, lanciando un’occhiata che trapelava puro odio in direzione di Tumno.
    Lo farò. annuì, dirigendosi a passo rapido verso la tenda dei feriti.
    Avvertì un fastidioso brivido attraversarle la schiena quando lo sguardo del capo dei Salmoni si posò su di lei, seguendola finché non si fu rifugiata all’interno della capanna.
    Il pensiero che lui potesse sospettare qualcosa la terrorizzò.
    L’avrebbe torturata come aveva fatto col ragazzo dei Cervi?
    Rabbrividì immaginando la propria testa mozzata, esposta nel centro dell’accampamento su di una picca: un monito ai traditori.
    Scosse la testa.
    No, lui non sapeva nulla. Non poteva sapere.
    Però sa che poi diventare un lupo. le ricordò una vocina nella sua testa.
    Era vero: era successo durante il raduno delle tribù, quando l’orso-demone terrorizzava l’intera Foresta.
    Aki aveva minacciato di fare del male a Mamy e lei non c’aveva più visto dalla rabbia: era diventata un lupo davanti a tutti.
    Che Tumno stesse pensando d’usare il suo potere per qualche lurido scopo?
    Aveva già provato a convincerla, ma Maheegun si era intromesso.
    Ora, però, era sola, chi l’avrebbe protetta questa volta?
    Deglutì, la bocca improvvisamente riarsa.
    <i>Sei una stregona, dannazione! Non potrà insistere all’infinito, con un tuo rifiuto. parlò ancora la sua coscienza.
    Sospirò, cercando di tranquillizzarsi.
    Quella notte avrebbe avvertito Sitka e tutto si sarebbe risolto per il meglio.
     
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    Seia rise alla risposta dell'amica. Già era una follia e non si aspettava di metterla in atto, era stata lei stessa a mettere in guardia l'uomo dallo spirito del giovane uomo martoriato.
    -La mia era soltanto un idea.- Si giustificò con un alzata di spalle e sorridendo. Diciamo che benchè avrebbe voluto molto farlo e che comunque per lei non sarebbero potuto peggiorare più di tanto, non l'avrebbe fatto per non rischiare e poi, insomma era solo un idea.
    La sua idea di avvisare le altre tribù era stata stroncata dalla, giusta, preoccupazione di Aka. Nella sua testa il piano era quello di avvisare di un attacco per così dire pesante. Avrebbe mentito e detto che avevano molti più uomini e che conveniva che scappassero, d'altronde le spie avrebbero potuto contraddirle.
    Aka pareva aver trovato la sua soluzione d'altronde. La prese per un braccio e la trascinò a limite dell'accampamento illustrandole sottovoce il suo piano.
    A Seia pareva un piano che faceva acqua, anche se non quanto il suo.
    Intanto era rischioso, poteva coprire Aka, ma se in qualche modo l'avessero scoperta? Madnes in questo poteva essere d'aiuto, ma fino ad un certo punto. Poi c'era il problema dell'arrivo di Aka dalla Gente. Nessuno avrebbe dovuto notarla, avrebbe dovuto trovare Sitka. Sorgeva poi il problema della tempistica, Aka doveva arrivare prima dei lupi e delle vipere e Sitka non solo doveva convincere la Gente a ritirarsi, cosa non facile, ma doveva anche riuscirci in tempo. Rischioso quanto il suo.
    Quanto l'uomo le colse di sorpresa Seia sorrise alla risposta repentina dell'amica. Si avviò verso la tenda dei feriti, osservò per un secondo Aka ed entrò sorridendo placidamente.
    L'aria in quella capanna sapeva di sangue e sporcizia. Storse il naso.
    Il luogo era abbastanza grande da ospitare quasi tutti i feriti. Erano stesi a terra sopra spesse pelli, alcuni riposavano in modo affannoso, altri era quieti, alcuni avevano voltato lo sguardo a chi era appena entrato. Alcuni erano seduti in attesa di essere rilasciati così da poter tornare a combattere, altri erano silenziosi, gli occhi bassi e lo sguardo spento. Non vi erano solo i feriti dell'ultima battaglia, ma alcuni che si trascinavano da scontri precedenti, ad alcuni le feite si erano riaperte dopo esser tornati sul campo troppo velocemente.
    Una cosa però gli accomunava tuti, oltre allo stare in quella tenda feriti e forse anche umiliati, il rumore. C'era un suono strano, quasi impercettibile che era un misto tra i mugolii confusi di chi dormiva sofferente, di chi pregava e di chi stava in silenzio. Un rumore strano, un suono surreale che la metteva a disagio.
    Oltre ai feriti vi erano gli stregoni e gli apprendisti, nessun altro. Non ci mise molto a capire perchè. Loro erano i prigionieri e fuori stavano i carcerieri.
    Si avvicinò ad un malato, nessuna ferita grave, ma stava dormendo, non le avrebbe sentite. Lo indicò ad Aka con un cenno e si abbassò ad osservare la ferita invitando Aka a fare lo stesso.
    -Se esci di qui ti noteranno subito, posso coprirti mentre cerchi di uscire dal retro grazie a Madnes ma non molto di più. Sii veloce.- Si alzò e si diresse verso l'entrata dopo aver detto un aspetta veloce e sbrigativo. Si affacciò e prima che qualcuno potesse dirle qualcosa aveva contato quante persone le sorvegliavano. Fece un giro della tenda osservando per terra e cercando di vedere se ci fossero ombre di un qualche guerriero di vedetta. Due all'entrata e tre soli intorno alla capanna. Riportò tutto ad Aka e osservò il malato.
    La ferita era di una lancia, di striscio aveva colpito il costato, si sarebbe rimesso presto bisognava solo controllare la ferita e cambiare l'impacco. Si mise all'opera per non dare troppi sospetti o per carità.
    - Appena sei pronta vai pure ci penso io.- Sorrise e il demone apparve dietro di lei sorridendo divertito. Stranamente silenzioso comunque. Meglio non sapere quello che gli passava per la testa.
     
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    Non ebbe bisogno di farselo ripetere una seconda vota: rapida come un fulmine mutò in lupo, balzando poi fuori dalla tenda non appena Madnes le ebbe dato il via libera.
    Le bastarono pochi balzi per arrivare al confine, e pochi attimi per superarlo e penetrare nella fitta musagli di cespugli di ginepro.
    Sbriciò l’accampamento per controllare che tutto fosse tranquillo: nessuno s’era accordo di nulla; arricciò le labbra in un sorriso lupino.
    Si voltò ad osservare quella parte di Foresta che non era ancora quella Interna, ma già non più l’Aperta.
    Gli alberi e tutto ciò che cresceva in quel sottobosco, erano già diversi rispetto a quelli aldilà dei cespugli… ma non sapevano ancora di Foresta Vera.
    Sembrava quasi che la foresta stessa avesse creato una sorta di confine, dove due filosofie diverse s’incontravano e si scontravano.
    Aka inspirò a fondo l’aria di quel luogo: una traccia odorosa andò a stuzzicarle i sensi.
    Cervi, ma anche Uri, Linci e Salici.
    Niente Cavalli, né Linci o Pipistrelli. Presunse fossero impegnati sul fronte nord contro l’alleanza di Aquile, Alghe e Balene.
    Fiutò il terreno: la traccia odorosa lasciata dalla Gente, conduceva curiosamente a sud.
    No, è plausibile. si disse mentalmente.
    Con Corvi e Verri che stavano scendendo da nord, le tribù della Foresta Interna si stavano preparando per accerchiarli da sud.
    Oh Spirito… a questo punto la cosa si complicava.
    Non si trattava solo più di convincere due tribù a ripiegare… qui si stava parlando di riuscir ad evitare l’attacco coordinato di un’intera alleanza!
    Cosa fare? Tentare comunque di convincere le tribù nemiche, oppure avvertire gli alleati?
    Una volta tolti di mezzo i Lupi e le Vipere, Foche, Salmoni e Cormorani non sarebbero riusciti nemmeno in sogno a fermare un simile attacco.
    Oh Spirito… conoscendoli, non avrebbero abbandonato facilmente quella postazione che avevano conquistato dopo ben due lune di battaglia, per ripiegare verso la costa.
    Fosse stato Maheegun ad interloquire con gli altri capi, forse ci sarebbe anche potuta essere una qualche possibilità di convincerli… ma lei sola valeva meno d’un sputo, per quanto fosse una stregona ed una guardiana.
    Una bambina, ecco cos’era per tutti – e lei odiava essere considerata tale.
    Scosse la testa: era così dannatamente confusa… cosa doveva fare?
    Tentare non nuoce, diceva il detto… ma per lei parlare con “gli adulti” equivaleva al mettersi a parlare con un sasso. Con Tumno, poi!
    E come fai a sapere queste cose? Sei una spia del nemico? già se lo immaginava…
    La cosa più sensata da fare era avvertire Maheegun e Laphe e convincerli a tornare indietro: il suo capotribù le avrebbe dato ascolto e creduto, senza alcun dubbio, la Vipera si sarebbe associata per l’ascendente che il primo aveva su tutti.
    Sarebbero stati loro la sua voce, e le tribù sarebbero state ad ascoltare.
    Mosse un passo indietro, pronta a balzare all’inseguimento delle due tribù… improvvisamente qualcosa s’attorcigliò attorno alla su zampa, sollevandola da terra con uno slancio.
    Una trappola! avrebbe dovuto aspettarselo.
    Stupida, idiota!
    Gli alberi si mossero, rivelando le ruvide facce degli appartenenti alla tribù dell’Uro.
     
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    probabilmente dalla testa di qualche matto

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    Aka scomparve velocemente. Le era sempre piaciuta la sua forma di lupo. Era elegante. Si era a volte chiesta quale delle due fosse la vera Aka. Sapeva che sia il lupo sia la stregona erano parte dell'amica, ma il dubbio, anche solo per ipotesi, che una delle due parti fosse quella realmente prevalente e l'altra solo una piccolissima parte dell'amica a volte le passava per la testa.
    Scosse il capo e tornò dall'altro malato già che c'era tanto valeva fare qualcosa di utile.
    Cercava di rimanere all'erta anche se cercava di concentrarsi sulle ferite degli uomini. Quello che aveva davanti doveva solo essere controllato e se ne sarebbe andato. Aveva un'aria burbera e scontrosa. Infatti le disse di muoversi. Con uno sguardo lo minacciò e controllo la ferita. Che andasse a morire. Si voltò dandogli il via libera per combattere mentre si fermava a osservare un giovane ferito. Stava riposando pacato. Il braccio destro era completamente pacato, doveva avere pochi anni più di lei.
    Si abbassò tenendosi sui talloni. Aveva alcuni graffi rattoppati in viso, una gamba perdeva ancora sangue. Non sembrava messo bene eppure la sua espressione adesso era pacifica, sperava davvero stesse facendo un bel sogno. Come lo sperava per gli altri.
    Sospirando gli cambiò le bende attenta a non svegliarlo. La gamba aveva anche bisogno di un cambio di impacco. Doveva smettere di sanguinare, era troppo pericoloso che rimanesse in quelle condizioni.
    Ogni tanto il suo occhio viaggiava per la tenda e sotto di essa alla ricerca delle ombre degli uomini per controllare i loro movimenti. Non parevano muoversi, non si erano accorti di nulla. E di nulla dovevano accorgersi. Continuare a lavorare per non dare nell'occhio. Girare la testa ogni tanto verso l'entrata e tenersi vicino ad essa. Aveva adottato una semplice strategia dove il demone faceva da palo.
    Non poteva certo sapere che si stava preparando un attacco all'accampamento, ne se lo aspettava. Erano già circondati. Ma lei pensava che il problema maggiore fosse il non farsi scoprire dalle guardie fuori dalla tenda. Povera ragazza incosciente di ciò che stava per accadere. Comunque sarebbero andate le cose, le probabilità che ci fosse un massacro da una o entrambi le parti erano alte, sopratutto ora che Aka era stata messa fuori gioco. ma lei non lo sapeva.
    L'uomo che però se ne stava svogliatamente appoggiato ad uno dei pali e osservava e teneva tutti fuori sentiva l'odore che c'era nell'aria. Gli esseri umani avevano il potere di agitarsi talmente tanto da contaminare l'aria. Sentiva che si stavano preparando ad un attacco. Sentiva che poteva essere pericoloso per Seia, cosa che lo infastidiva. Avrebbero, anzi avrebbe, potuto trovarsi in pericolo e lui avrebbe dovuto aiutarla. Non poteva credere che la lupa fosse la speranza per evitare una carneficina. Non riusciva a credere che desiderasse che non ci fosse una carneficina.
    Le persone in guerra divenivano euforiche, tiravano fuori il loro istinto animale, perdevano quasi la loro umanità e arrivavano alla crudeltà ed era lì che lui si trovava a suo agio. Pazzia non era il termine giusto, ma ci si avvicinava.
    Alcuni rumori misero in allarme gli uomini all'esterno. Seia alzò la testa incuriosita. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo. In fretta e furia strinse la fasciatura e si alzò brandendo il pugnale.
    Gli uomini parlavano con voce movimentata, preoccupazione, frustrazione. Era come se la tenda ovattasse tutto. Il demone rimase fermo, solo si mise dritto e aspettò come Seia che accadesse qualcosa. Tutti attorno a lei fecero lo stesso.
     
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    Gli Uri furono rapidi ad immobilizzarla.
    Non le diedero il tempo di poggiare le zampe anteriori a terra, che uno le aveva già bloccato il muso con una stringa di cuoio, ed altri due le gambe ad un lungo palo di legno.
    Li guardò con odio gorgogliando un ringhio, ma gli uomini non parvero prestarle attenzione.
    Non conosceva bene quella tribù. Li aveva si e no forse visti due volte… ma non si era certo preoccupata di socializzare con loro, visto il loro atteggiamento guardingo e perennemente allerta.
    Li dive scambiarsi alcuni rapidi segni con le mani, poi due di loro si misero in spalla il palo, sollevandola di peso.
    Si ritrovò a ciondolare a testa in giù come una preda.
    Quella che dall’odore doveva essere una ragazza le mise una pezza sugli occhi: volevano esser certi che lei non riconoscesse la strada presa… e avrebbe anche funzionato se lei fosse stata una normale umana.
    Le sarebbe bastato annusare l’aria per ritrovare la pista, una volta libera… se mai lo fosse tornata.
    Non era riuscita che ad emettere un uggiolio strozzato, prima che i guerrieri la imbavagliassero; ma era certa che qualcuno l’avesse sentito e si fosse allarmato, tra gli alleati.
    Se mai fossero venuti a cercarla, avrebbe dovuto dare loro molte spiegazioni… sul perché si trovasse fuori dalla tenda, fuori dall’accampamento, entro il confine nemico, ad esempio.
    Sarebbe comunque stato meglio che finir con l’essere torturata ed uccisa dai nemici.
    Nemici… lo erano veramente?
    Lei non li aveva – né tuttora lo faceva – considerati tali.
    Avvertì lo scroscio dell’acqua avvicinarsi sempre di più ad ogni passo dei cuoi carcerieri: il Fiume del Vento.
    Era l’unico grande fiume ad attraversare la zona delle Coline, confini naturali tra Foresta Aperta e Interna.
    Si stavano dirigendo verso il loro territori, nella parte di Foresta più fitta, selvaggia ed inospitale.
    La poggiarono dentro ad una sottospecie d’involucro: una canoa, capì.
    Non sarebbe più riuscita a trovare la via di casa in quel modo!
    Si dimenò – per quel che poteva – tentando l’ululare, ma qualcuno saltò dentro l’imbarcazione bloccandole ogni movimento.
    La ragazza. la riconobbe dall’odore.
    Avrebbe potuto tentare di fuggire tornando umana, ma era certa che non appena si fosse tramutata gli Uri l’avrebbero nuovamente sopraffatta… e come donna avrebbero potuto anche metterla a dormire con un colpo alla testa, per quel che li riguardava: erano in guerra, nemici; tutto era lecito.
    Sentì la disperazione impadronirsi di lei: lei catturata, nessun’altro oltre alla Gente che sapesse… tutto era perduto. Avrebbero trucidato tutti, dal primo all’ultimo, e tra i morti ci sarebbero stati anche i Lupi, la sua famiglia.
    Anche fosse riuscita a fuggire, una volta nella Foresta Interna, non sarebbe più riuscita ad avvertire in tempo le Tribù Libere.
    Un uggiolio disperato le risalì in gola.
    Avvertì una mano passarle leggera sul pelo del collo, e non riuscì a trattenere un brivido.
    Che significava quel gesto?
    La compativa? Ma come poteva sapere?

    Pagaiarono a lungo, verso ovest, seguendo il corso del fiume.
    Era ormai sera, quando decisero d’attraccare.
    Assicurarono le canoe alla riva, poi la sollevarono di peso esattamente come quel mattino.
    Non si erano nemmeno fermati per pranzare; anzi a dir il vero l’avevano fatto, continuando a remare incessantemente, però.
    Faticava a capacitarsi di come quegli uomini fossero capaci di una tale perfetta, silenziosa coordinazione.
    Non si era ancora arresa, sperava ancora in una vi di fuga… a quel punto, se lo Spirito avrebbe voluto, avrebbe corso, e sarebbe stato l’inseguimento più lungo e stancante della sua vita.
    Inseguire i Lupi e le Vipere, fermarli ed avvertirli prima che fosse troppo tardi. Ci sarebbe riuscita, sempre che fosse prima riuscita a scappare?
    Un odore terribilmente familiare la risvegliò dal torpore: Cervo.
    Che ci fa questo lupo qui? Era una preda quella che ci serviva, non un cagnolino selvatico. quella voce…
    Oh ma questo non è un cagnolino selvatico qualunque. esclamò un’altra voce. Salice.
    E tu dovresti conoscerlo bene, giovane capo. Lince.
    Il cerchio era completo: l’avevano condotta al loro accampamento segreto, ma perché?
    E cosa pensate di farci? Estorcerle qualche importante informazione sui nemici? Non parlerà. ribatté Sitka – perché era Sitka che stava parlando.
    Il suo Sitka, il suo adorato piccolo Cervo.
    La coda le dondolò di gioia senza che nemmeno s’accorgesse.
    No che non lo farà. Ma non è per parlare che l’abbiamo portata qui. È preziosa merce di scambio, la tua stregona dei Lupi.
    Merce di scambio?! Cos’avevano in mente di fare?
    Usarla? E in che modo?
    La liberarono dal palo, solamente per poi legarle tutte e quattro le zampe assieme ed un altro cappio attorno al collo. I legacci sui occhi e sulla bocca non vennero toccati.
    Ti facevo più sveglio. Nel caso i traditori decidessero di porre resistenza all’assedio, ci basterà mostrargli questa cagna minacciando d’ucciderla. Non rischieranno di perdere la loro migliore stregona, fidati.
    Non ci crederanno mai. La legge vieta di uccidere un altro cacciatore.
    Quanta saggezza! Nel caso non te ne fossi ancora accorto, sono due lune che uccidiamo cacciatori per sopravvivere, ragazzino.
    Sitka sbuffò. Non ci crederanno comunque. Non sono così stupidi, sanno benissimo che non sacrificheremmo mai un tale tesoro.
    Un altro personaggio si fece avanti. Beh, in questo caso l’uccideremo per davvero… un lupo. Cavallo Selvatico.

    Prometto di far succedere qualcosa di concreto, con la prossima risposta XD È che dovevo creare l’ambientazione.
     
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42 replies since 2/7/2015, 20:39   328 views
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